Ingresso don Sergio

Amici della Parrocchia

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Tempo di “traslochi pastorali”
Domenica 23 Luglio 2023 20:22

Il cambio del Responsabile della Comunità Pastorale (da don Giorgio a don Sergio) fa sorgere domande: ecco quanto l’Arcivescovo di Oristano suggerisce.

È necessario considerare il bene del presbitero coinvolto nel trasferimento…  Il dialogo con le persone interessate è di grande importanza per conoscere sia le difficoltà oggettive sia le potenzialità, ma anche per sollecitare e stimolare l’apertura al cambiamento che il trasferimento necessariamente riserva e chiede. A questo proposito sento il dovere di ringraziare i sacerdoti che mi hanno offerto la loro disponibilità, seppure consapevoli che il cambiamento rappresenta una certa fatica e non è mai semplice, in quanto chiude un tratto di cammino ed è perciò necessario rimodulare le relazioni interpersonali e, seppure permangano affetti e amicizie, il trasferimento in un’altra comunità parrocchiale implica dare il giusto spazio al nuovo parroco che arriva e, con delicatezza e sensibilità, farsi da parte per  permettere al confratello che inizi il servizio ministeriale, in dialogo con la nuova comunità…

È da tener in conto è il bene spirituale della comunità parrocchiale. La comunità non può mai subire la costruzione del cammino pastorale, deve invece sempre essere attiva nell’edificazione della parrocchia, mettendo a disposizione i talenti e i carismi nella realizzazione del progetto pastorale. I fedeli hanno, di solito, consapevolezza che l’essenziale è la fedeltà al Signore e il rapporto con Lui, che bisogna tradurre nella quotidiana e coerente testimonianza evangelica; e non di meno attendono, con emozione, un presbitero che raduni il popolo di Dio soprattutto presiedendo, per loro e con loro, la santa Eucaristia, che li aiuti ad approfondire le parole di Gesù nel vangelo, che li esorti alla carità e che sappia creare comunione tra i membri della comunità. Siamo consapevoli che le comunità parrocchiali soffrono per la partenza di un sacerdote, specie se è stato tanti anni con loro e, all’inizio, possono vivere con una certa fatica l’accoglienza del nuovo parroco e, comunque, hanno bisogno di un certo tempo per entrare in dialogo col nuovo stile pastorale.

Per questo motivo esorto tutti, presbiteri e laici, a essere disponibili e accoglienti nel comprendere la situazione, a tutti chiedo di avere un atteggiamento di rispetto di quanto è stato fatto prima di loro, di esercitare l’accoglienza e aprirsi a nuove metodologie, sensibilità e percorsi pastorali. Chiedo a tutti di puntare all’essenziale della vita cristiana: l’incontro con il Signore e la carità da vivere tra fratelli e sorelle. Certamente il presbitero è un formatore della comunità, con la predicazione della Parola di Dio, la celebrazione dei sacramenti, specie quelli dell’Eucaristia e della Riconciliazione, con l’esercizio del suo ministero di guida pastorale, ma deve anche rendersi docile allo Spirito Santo, il quale prima ancora che lui arrivasse, aveva già effuso i suoi doni e carismi in quella determinata comunità. Le singole storie vanno capite e assunte con amore, anche per poterle poi eventualmente correggere: è necessario disporsi a cogliere tutto ciò che c’è di buono, per valorizzarlo e farlo crescere.  La comunità va esortata e spronata a camminare sulle strade indicate dalla Chiesa; mai dimenticando che prima di imporre cambiamenti, occorre convertire i cuori, aprendoli a nuove mentalità e prospettive. Diversamente i cambiamenti saranno sentiti come una imposizione o, peggio ancora, come una prevaricazione esercitata dal nuovo arrivato.

È da tener presente il bene dell’intera comunità diocesana…

 

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